Mi permetto di scrivere queste poche righe sul tema dello sport, “sport per tutti”, prendendo appunto spunto sull’articolo apparso su L’Ancora del mese di novembre 2024, da un’atleta disabile grave che pratica attività sportiva nella boccia, puntualizzando appunto i benefici dello sport praticato nel settore bocce.
Altra data importante è il 1948, quando sono stati organizzati i primi giochi per atleti disabili a Stoke Mandeville. L’iniziativa ebbe un così grande successo che dal 1960 diventarono internazionali. Infatti proprio in quell’anno si tenevano le Paralimpiadi a Roma e così vennero organizzate anche le gare per persone con handicap, le prime Paralimpiadi volute dal prof. Maglio allora direttore del centro riabilitazione di Ostia insieme Ludwig Guttman. A oggi l’attività sportiva per disabili è molto diffusa. Sono molte le federazioni e le associazioni che organizzano gare e corsi per favorire l’integrazione umana e sportiva degli atleti con disabilità.
Lo sport da sempre ha declinato una sua ragion d’essere nella consapevolezza di essere un linguaggio universale. Lo sport olimpico, ma anche paralimpico – è quello che può aiutare anche a tentare di costruire società migliori nel futuro. E soprattutto a prendere consapevolezza di quanto una comunità può stare insieme, anche in termini di inclusione, integrazione – favorisce quella convivenza che aiuta a conoscersi e riconoscersi nell’altro. Sia da atleta sia poi da dirigente a livello nazionale, a far nascere e crescere il movimento sportivo nella mia regione “Umbria” ho voluto aiutare il movimento paralimpico a uscire da quell’angolo di pietismo nel quale eravamo cacciati. E qui, monsignor Novarese è stato lungimirante, dove il suo obiettivo fosse e tuttora recasse un motto importante sia per il CVS che per la persona disabile “Le persone disabili da vittime rassegnate a protagonisti in difesa dei diritti di tutti”.
Eravamo cacciati in quell’angolo dall’incultura, dalla non cultura dell’epoca, dalla distrazione, dal disinteresse dei media. Dagli atteggiamenti solidar-pietistici dalla gente. Meritavamo quel rispetto che ci siamo conquistati faticosamente sul campo, e qui ringrazio a nome personale, la RAI, per aver offerto un programma a pieno sulle Paralimpiadi di Parigi. Il mondo paralimpico, il comitato paralimpico, è una grande famiglia. Il fil rouge che tiene unita tutta la famiglia è la sofferenza. Attraverso la quale ciascuno di noi è passato. Per ognuno di noi lo sport ha rappresentato un elemento di esplosione, In termini di speranza. Di capacità. Di riscatto. Del riappropriarsi della vita. Il vero successo dello sport è quando crea una società più aperta e inclusiva. Rendendo gli atleti, soprattutto quelli paraolimpici, veri costruttori di pace. Ad ogni modo, però, credo che l’approccio alla vita sia simile per tutti gli atleti paralimpici: acquisire giorno dopo giorno consapevolezza delle proprie abilità e trasformare i limiti in punti di forza. Lo sport per disabili chiama in causa una componente psicologica di forte rilevanza, praticare sport è un’occasione per “ricostruire sé stessi”, ritrovare la propria autonomia, realizzarsi a livello sociale e recuperare concretezza nella propria mobilità. Insomma, gli sport per disabili hanno valenza terapeutica nevralgica, come del resto accade nelle attività sportive più blasonate. A tutto ciò vanno correlati il concetto di resilienza e self talk, ovvero trovare la forza in noi stessi per contrastare le avversità.
Si può concludere con un passaggio fatto dalla sorella Angela nella sua relazione di programmazione per l’anno 20/21, che secondo me è fondamentale ricordarlo.
Sociale e spirituale non si oppongono. Il Regno di Dio trova luogo nel nostro presente.
La nostra azione spirituale e sociale, infatti, va a beneficio dei cuori umani, perché sappiano affrontare le avversità della vita, la complessità, le sfide, e trovino senso e conforto nel viverle insieme a Gesù Cristo, Signore della gloria.
Massimo Catarinucci